giovedì 25 dicembre 2014

BUON NATALE



                    Vi auguro un Buon Natale.
                 Il regalo più bello? Un pizzico di serenità.
                                           Buone Feste
                                                              Antonella

martedì 23 dicembre 2014

Non ricetta # 7 - Angioletti di cioccolato al peperoncino

Precipitevolissimevolmente era la parola che quando ero piccola ci insegnavano alle elementari come la parola più lunga del vocabolario italiano. Era una specie di scioglilingua e giocavamo a pronunciarla bene e senza incepparsi mai. Avevamo – o almeno io avevo – solo una vaga idea di cosa volesse dire, l’interesse era tutto nel riuscire a dirla e a scriverla senza sbagliare. Tutti gli anni in questi ultimi giorni che precedono il Natale questa parola mi torna in mente. Come tutti – penso – ho decine di cose da fare e pochissimo tempo ormai per farle. Ed è qui che suddivido la mia onnipresente lista delle cose da fare – ho già detto che sono una maniaca delle liste, ne ho per ogni occasione – in quelle che devo fare per forza e quelle che farò solo se mi avanza il tempo (quest’anno ho già rinunciato all’idea di fare anche una brioscia tipo kringle per la colazione di Natale, non so ancora cos’altro dovrò scartare). Non ricordo un solo anno in cui sono riuscita a fare tutto e a casa sono famosa per arrivare il 24 dai miei genitori all’ora di pranzo con ancora qualche regalo da incartare. Ormai lo faccio quasi apposta, tanto per non smentirmi, perché ci rimarrebbero tutti male se arrivassi e dicessi che sono riuscita a fare proprio tutto.
Nella mia lista delle cose da fare ci sono sempre tantissimi dolci, quasi tutti molto semplici, perché una delle cose che adoro della sera di Natale è preparare per il dopo cena tante ciotoline, coppette e piccole alzate ricche di dolcetti diversi, dai ricciarelli (immancabili a casa nostra) a mini meringhe, biscottini e cioccolatini fatti in casa da gustare quando si chiacchiera, si scartano i regali e si aspetta la mezzanotte. Mia mamma è specializzata nei mendiants (quei dischi di cioccolata cosparsi di frutta secca), io quest’anno ho fatto questi angioletti al peperoncino. Mi sono innamorata di questo stampino e l’espressione di questi buffi pupazzetti di cioccolato si presta perfettamente ad un gusto … pizzichino. Velocissimi da fare come la lista richiede quando il tempo è pochissimo. Precipitevolissimevolmente appunto.

Io non ho temperato il cioccolato, semplicemente ne ho fatto fondere metà e poi ho aggiunto fuori dal fuoco l’altra metà in modo da abbassarne la temperatura.


NON RICETTA # 7 - ANGIOLETTI DI CIOCCOLATO AL PEPERONCINO




(Con questa dose ho ottenuto 18 cioccolatini, dipende però dalla grandezza dello stampino)

200 gr di cioccolato al 65% di ottima qualità
3 peperoncini essiccati


Metti in un piccolo mortaio di marmo i tre peperoncini e sminuzzali finemente con il pestello, in modo da sbriciolarli il più possibile.
Trasferisci i peperoncini sminuzzati in un piccolo colino a maglie finissime e setaccia su un piattino la polvere di peperoncino, facendo attenzione che non passino residui troppo grandi o i semini interni se non sono ben triturati.
Metti da parte.
Fai sciogliere la metà del cioccolato (100 gr) a bagnomaria, facendo attenzione che il fondo della pentola che contiene il cioccolato non tocchi l’acqua che sobbolle.
Quando il cioccolato è sciolto toglilo dal fuoco e aggiungi 50 gr del cioccolato rimanente a pezzettoni.
Mescola con una spatola di silicone fuori dal fuoco fin quando tutto il cioccolato sarà sciolto.
Se la temperatura del cioccolato è scesa molto al di sotto dei 50 gradi, prima di inserire gli ultimi 50 gr di cioccolato metti di nuovo la pentola sul fuoco a bagnomaria.
Riporta la temperatura del cioccolato a 50 gradi, togli dal fuoco e fai sciogliere gli ultimi 50 gr di cioccolato.
Quando è tutto ben sciolto, aggiungi la polvere di peperoncino che hai setacciato in precedenza (se è la prima volta che li fai aggiungila per gradi, assaggiando prima di inserirla tutta, a me piacciono molto ‘pizzicosi’ ma dipende dai gusti).
Versa il cioccolato fuso negli stampini – io ho utilizzato quelli di silicone - e metti in frigo a raffreddare per almeno 4 ore.
Quando sono consolidati toglili dallo stampino e mettili in un contenitore di vetro se non li offri subito.
Si conservano in frigorifero in un contenitore di vetro per 3 giorni.
Prima di servirli lasciali un’oretta a temperatura ambiente, altrimenti sono troppo duri.



EASY: confezionali in semplici sacchetti di cellophane, legali con un nastro dorato e utilizzali come chiudipacco sui regali di Natale (tre cioccolatini per bustina per esempio).



CHIC: adoro l’abitudine di alcuni bar e ristoranti di servire un piccolo cioccolatino di pasticceria con il caffè. Servi così il caffè la sera di Natale, appoggiando un cioccolatino sul piattino di ogni tazza.


venerdì 19 dicembre 2014

Panettone vaniglia e marrons glacés fatto con lievito di birra

Questo non è certo un blog perfetto, dove metto solo ricette perfette e foto inappuntabili. E’ semplicemente un diario di cucina, anzi della mia cucina, che non è esattamente una cucina perfetta, nella quale tutte le ciambelle riescono con il buco per usare una frase fatta. Faccio molti esperimenti che si rivelano fallimenti veri e propri, ogni tanto preparo delle cene davvero pessime – l’altra sera tanto per dirne una, ero così stanca che anche piatti che cucino normalmente erano immangiabili. Ovviamente non sono così audace da rendicontare qui i pasticci più clamorosi che faccio, evito di pubblicare alcuni piatti che erano buoni d’accordo, ma con foto talmente brutte da far passare la voglia di provare e insomma… escludo da queste pagine tutto ciò che è oltre ogni limite.
Ma è capitato anche in passato (questi biscotti per esempio e la pappa al pomodoro qui) che abbia deciso di pubblicare qualcosa che pur non essendo orribile era lontano dall’essere come avrebbe dovuto. Perché? Forse perché appunto questo è solo un diario e uso questo blog per puro divertimento e – cosa che non guasta – nel totale anonimato. Credo di aver parlato di questo blog alla mia famiglia e solo a 3 dei miei amici/amiche. Nei diari di solito si registrano cose di ogni tipo, non solo quelle dove va sempre tutto bene e quindi ho deciso di inserire il mio primo esperimento con il panettone che è stato un successo solo a metà – il che dopo tutto vuol dire che è stato un mezzo fallimento.
Sono anni che raccolgo ricette di panettone e non avevo mai provato a farlo. Sabato scorso ho deciso che era arrivato il momento. A inizio mese avevo acquistato lo stampo di carta e dopo aver letto e riletto la mia collezione di ricette ho scelto quella tratta da questo libro perché ho già sperimentato altre ricette e sono venute tutte bene. Inoltre la ricetta utilizza il lievito di birra e non il lievito madre che io non ho. Rispetto alla ricetta originale ho apportato solo piccole modifiche: ho setacciato in ogni fase la farina, sciogliendo il lievito nell'acqua prima di inserirlo nella farina, ho aggiunto ancora una piccola parte di lievito nella quarta lievitazione e l’ho farcito ‘a modo mio’ con i marrons glacés perché proprio non sopporto i canditi e tanto meno l’uvetta e ho messo la vaniglia perché mi piace molto sentirne l’aroma. La ricetta del libro prepara il panettone con albicocche mirtilli e cioccolato.
Le cose positive dell’esperimento sono state tantissime:
- è molto divertente da fare e non particolarmente impegnativo; richiede è vero un’intera giornata di attenzione ma si tratta di pochi ‘interventi’ tutto sommato semplici a distanza di qualche ora;
- il profumo è assolutamente delizioso, comincia a diffondersi in cucina mentre si impasta ed è irresistibile quando il panettone cuoce nel forno;
- a mio parere ha un gusto buonissimo, non troppo dolce - come dovrebbe essere il vero panettone - e trovo che i marrons glacés ci stiano benissimo. L’idea del panettone ai marrons glacés non è mia, ma del mio pasticcere torinese preferito che ne prepara uno davvero squisito, l’unico panettone che io mangio volentieri.
I lati negativi, dovuti – immagino – al fatto che ho sbagliato qualcosa nell’ultima fase di impasto sono questi:
- è venuto morbido ma non soffice e non è ‘arioso’ come il vero panettone;
- la lievitazione non è stata fatta bene, penso, perché non mi è ‘cresciuto’ abbastanza e non aveva il look bello alto del vero panettone, anche se il suo stampino di carta e la granella di zucchero sopra gli davano un’aria piuttosto .. professional.
Comunque sia, in tre giorni lo abbiamo finito, inzuppandolo a colazione nel latte (dove dà il meglio di sé) e assaggiando una fettina la sera dopo cena.. così, tanto per chiudere la cena in dolcezza.
Penso che lo rifarò prima della fine delle vacanze con l’intento di ottenere un panettone sofficissimo! Ora invece mi devo proprio dedicare ai regali di Natale: li devo scegliere, acquistare e incartare ancora tutti. E al momento non ho nessuna idea intelligente……
Nello scrivere la ricetta ho adottato lo stile del libro che mette le ore nelle quali vengono fatte le diverse lavorazioni. Ho messo gli orari che ho seguito io.

PANETTONE VANIGLIA E MARRONS GLACES (con lievito di birra)





Ingredienti per 2 Panettoni da 750 grammi (tra parentesi le dosi della ricetta originaria):


690 gr di farina Manitoba
110 gr di acqua (100 gr ma dipende da quanta ne assorbe la farina)
10 gr di lievito di birra fresco (6 gr)
180 gr di zucchero
70 gr di tuorli – sono circa 3 tuorli (30 gr)
250 gr di uova intere – sono circa 4 uova (300 gr)
150 gr di burro
2 bacche di vaniglia (la ricetta usava come aromi rum e scorza di arancia)
7 gr di sale
400 gr di marrons glacés (vanno bene anche quelli in pezzi, la ricetta originaria prevedeva 130 gr di albicocche secche, 100 gr di mirtilli e 120 di gocce di cioccolato)


Per decorare:
qualche cucchiaio di latte
una manciata di granella di zucchero


PRIMO IMPASTO ore 7.00 del mattino (tutti gli ingredienti sono tolti dalle dosi totali)


20 ml di acqua
3 gr di lievito di birra fresco
1 gr di zucchero
30 gr di farina Manitoba


Sciogli il lievito in acqua a temperatura ambiente.
Setaccia la farina in una ciotola, aggiungi lo zucchero e la miscela di acqua e lievito.
Impasta rapidamente con una forchetta e lascia lievitare coperto di pellicola in un luogo lontano da correnti d’aria. Deve raddoppiare di volume (io ho impiegato un’ora).



SECONDO IMPASTO ore 8.00 (tutti gli ingredienti sono tolti dalle dosi totali)

10 gr di tuorlo d'uovo
30 ml di acqua
60 gr di farina Manitoba
4 gr di zucchero

In una ciotola setaccia la farina con lo zucchero.
Aggiungi l’acqua e poi il tuorlo e mescola rapidamente con una forchetta.
Aggiungi questo mix all’impasto precedente e impasta tutto insieme (la miscela è ancora fluida e non ho impastato a mano, ma solo con la forchetta).
Copri la ciotola con pellicola e lascia lievitare ancora fino al raddoppio (per me un’ora e mezzo).



TERZO IMPASTO ore 9.30 (tutti gli ingredienti sono tolti dalle dosi totali)

50 ml di acqua
10 gr di tuorlo
100 gr di farina Manitoba
3 gr di lievito di birra fresco
5 gr di zucchero


Sciogli il lievito in acqua a temperatura ambiente.
Setaccia la farina in una ciotola, aggiungi lo zucchero e la miscela di acqua e lievito.
Impasta rapidamente con una forchetta e aggiungi anche l’uovo.
Aggiungi questo mix all’impasto precedente e impasta tutto insieme in modo da ottenere un impasto omogeneo.
Copri con pellicola e lascia lievitare fino al raddoppio (per me due ore).



QUARTO IMPASTO ore 11.30 (tutti gli ingredienti sono tolti dalle dosi totali)


4 gr di lievito (la ricetta originaria non prevede lievito in questo quarto impasto)
10 ml di acqua (non prevista nella ricetta originaria)
500 gr di farina Manitoba
50 gr di tuorli
250 gr di uova
170 gr di zucchero
150 gr di burro
i semi di 2 bacche di vaniglia
7 gr di sale
400 gr di marron glacés.



Questo quarto e ultimo impasto può essere fatto con la planetaria.
Sciogli il lievito nell’acqua.
Nella ciotola della planetaria (se la usi) metti l’impasto precedente, setaccia sopra tutta la farina meno 4 cucchiai e aggiungi l’acqua con il lievito.
Inizia ad impastare, quando l’impasto inizia a formarsi aggiungi metà dello zucchero, le uova e i tuorli.
Impasta bene fin quando l’impasto inizia ad incordare. A questo punto inserisci il resto dello zucchero con i semini della bacca di vaniglia e continua ad impastare fino ad ottenere un amalgama liscio e compatto.
Inserisci il burro morbido nell’impasto un po’ alla volta in questo modo: un pizzicotto di burro e un cucchiaio di farina di quelli lasciati da parte. Impasta in modo che il burro si disfi nell’impasto e aggiungine ancora insieme ad un altro cucchiaio di farina. Così per 4 volte.
Infine resta da aggiungere solo il sale, mettilo nell’impasto e continua ad impastare fino alla incordatura.
Questa quarta fase di impasto l’ho fatta con la planetaria ed ho impiegato una ventina di minuti (mi è venuto il dubbio che siano stati troppi).
Aggiungi i marrons glacés spezzettati e impasta un’ultima volta (a mano) molto rapidamente.
Dividi l’impasto in due palle e mettile a lievitare su una teglia appena infarinata per 40 minuti coperte da un canovaccio pulito.
Trascorso questo tempo, metti le due palle negli stampi di carta, copri ogni stampo con un sacchetto di plastica capiente (io uso quelli molto grandi per congelare gli alimenti) e lascia lievitare per 5 ore.

Accendi il forno a 175 gradi.
Quando raggiunge la temperatura scopri gli stampi, fai su ogni panettone un taglio in croce, pennella con poco latte e cospargi di granella di zucchero. Io li ho infornati alle 18.30.
Cuoci in forno per circa 40 minuti (il tempo preciso è difficile da indicare, dipende dal forno), se la superficie si scurisce troppo copri con un foglio di alluminio.
Sforna i panettoni e lasciali raffreddare. Nella ricetta originale si richiede di farli raffreddare a testa in giù. Mi è sembrata un’operazione complicata e non l’ho fatta (andrebbero appesi a testa in giù utilizzando dei lunghi spiedi per infilzarli alla base e appendendoli così per esempio sul bordo di una pentola in modo che la testa del panettone sia sospesa all’interno della pentola stessa).




EASY: a colazione la mattina di Natale con cioccolato caldo con un pizzico di cannella e poca poca panna montata oppure con il classico tè di Natale alle spezie.







CHIC: servilo in fettine sottili al termine della cena del 24 sera accompagnato da un cucchiaio di crema inglese aromatizzata all'arancia.







venerdì 12 dicembre 2014

Ravioli di grano saraceno con ripieno di formaggi

Come ogni anno l’8 dicembre ho preparato albero e presepe e sistemato la 'città dei Babbo Natale', la mia collezione di Babbo Natale: c’è un mobile in salotto che normalmente ospita un’abat-jour e due vasi di porcellana, li tolgo e li sostituisco con una quantità imprecisata di statuine di Babbo Natale, dal legno dipinto alla terracotta, ne ho davvero di ogni tipo. Ho appeso la ghirlanda di pungitopo fuori della porta e qualche decorazione alle finestre; ho sistemato un piccolo pupazzo di neve fatto di lana sul davanzale di una finestra di camera e sparso candele profumate qua e là – anche se il profumo lo sento molto i primi giorni, poi forse mi abituo o svanisce… non lo percepisco più. Le candele restano, tonde o cilindriche, alcune avorio, altre verde bosco e dovrebbero profumare di arancia e cannella. Addobbare la casa a festa mi piace moltissimo e contribuisce a mio parere a creare l’atmosfera natalizia, insieme ad altre piccole cose che elenco di seguito – sicuramente ne ho dimenticata qualcuna - e che per me ‘sono Natale’.
  1. Preparare cioccolatini e biscotti speziati, da offrire con il tè di Natale o da confezionare in scatoline con grandi nastri come regalino per le amiche, quest’anno ho scelto scatoline argentate e un nastro di velluto blu notte che mi piace molto. Libri e regali home made sono i regali che preferisco fare e ricevere (questo è un messaggio subliminale per i miei che invece si rifiutano di regalarmi libri perché dicono che ne compro già troppi di mia iniziativa).
  2. Acquistare il ‘tè di Natale’, la miscela che ogni anno viene preparata in questo periodo: tè aromatizzato con arancia, mandorle, spezie… a volte anche cioccolato. Quest’anno abbiamo fatto una gita lampo a Firenze nel mio negozio di tè preferito, dove ho scelto un tè nero con arancia, cannella, cristalli di zucchero e chiodi di garofano e un tè bancha con bacche di pepe rosa, mandorle e altre delizie che danno un gusto delicato e natalizio.
  3. La musica di Enya in sottofondo, come ho già detto le canzoncine di Natale proprio non le sopporto.
  4. Qualcosa di luccicante da indossare la notte di Natale, anche solo un fermaglio per capelli - ne ho visto uno molto carino in una profumeria del centro.
  5. Un cesto di vimini sotto l’albero di Natale, perché mi piace mettere tutti insieme i regali fatti e quelli ricevuti.
  6.  L’autoregalo, ovvero il regalo che ogni anno compro .. da me per me. O un libro – ho una decina di titoli tra i quali scegliere - oppure qualcosa per cucina e affini (quest’anno mi sono innamorata di una tazza mug di porcellana azzurro intenso decorata con grandi fiori multicolori).
  7.  Dedicare un’ora ogni sera a sfogliare libri e ricette di cucina per decidere il menu della ‘mia’ cena di Natale, quella che ogni anno facciamo con pochi amici a casa nostra. Il Natale vero come ho già detto tante volte lo festeggio il 24 a casa dei miei genitori e non posso portare niente che sia fatto da me – tranne i biscotti – perché non ho ancora trovato una pietanza che si possa trasportare indenne sull’eurostar e poi in una sgangherata corriera che da Firenze mi porta fino a Siena. Quella che organizzo io non è una vera cena di Natale, non c’è un menu obbligato né ricette delle tradizione da fare per ‘riconoscere il Natale’ (a casa mia per esempio i tortellini e i dolci senesi). La mia cena è solo un modo per scambiarsi gli auguri con gli amici più stretti che non si vedono mai quanto si vorrebbe e ogni anno mi piace fare qualcosa di nuovo. Come primo piatto quest’anno ho scelto questi ravioli di grano saraceno farciti di formaggi. Li avevo mangiati in montagna alcuni anni fa, me li ero segnati mentalmente come ‘buoni da rifare’ ed ho fatto vari esperimenti prima di ottenere qualcosa di convincente. Questa è la versione che preferisco – tra le tante che ho provato, variando la qualità e la proporzione dei formaggi che compongono il ripieno.   
  8. Naturalmente una candela accesa anche una sola sulla tavola apparecchiata per la notte di Natale.

P.S. Se avanza un po’ di pasta da questi ravioli si può tagliare a piccoli quadretti tipo mini maltagliati ed utilizzarla al posto della solita pasta in una minestra di ceci. Se avanza un po’ di ripieno si può mischiare ad erba cipollina e aneto oppure con gorgonzola e noci o infine con caprino e pistacchi tritati e spalmare queste creme su crostini di pane nero lievemente tostato.



RAVIOLI DI GRANO SARACENO CON RIPIENO DI FORMAGGI





(Con questa dose con il mio tagliapasta diametro 6 cm ho ottenuto 30 ravioli)

Per la pasta:
125 gr di farina 00
75 gr di farina di grano saraceno
2 uova intere
1 pizzico di sale
1 cucchiaio di olio extra vergine di oliva
2 cucchiai di acqua fredda

Per il ripieno:
200 gr di ricotta di mucca
100 gr di stracchino cremoso
1 pizzico di sale
1 pizzico di maggiorana essicata


Mescola le due farine con il pizzico di sale e fai la fontana sulla spianatoia.
Rompi al centro le due uova, aggiungi l’olio e l’acqua ed inizia ad impastare, prima con l’aiuto di una forchetta poi a mano.
Impasta per alcuni minuti fino ad ottenere una pasta elastica e compatta.
Fai una palla con l’impasto e lascia riposare sotto una zuppiera di vetro per 30 minuti.
Intanto prepara il ripieno dei ravioli.
In una ciotola lavora la ricotta con un cucchiaio di legno, in modo da ottenere un impasto cremoso, quindi aggiungi lo stracchino, il sale e la maggiorana e amalgama fino ad ottenere una crema omogena (aggiusta di sale se necessario, dipende un po’ da quanto è salato lo stracchino e dai gusti personali).
Metti la crema di formaggi a riposare in frigorifero.
Quando la pasta ha riposato, stendila in una sfoglia sottile, o con il mattarello su un piano infarinato o con la ‘sfogliatrice’.
Ricava dalla pasta stesa 30 cerchi, utilizzando un tagliapasta circolare.
Metti al centro di ciascun cerchio una noce di crema di formaggi e chiudi a metà sigillando bene i bordi in modo che non si aprano in cottura.
Quando tutti i ravioli sono pronti, metti a bollire l’acqua nella quale intendi cuocerli.
Quando l’acqua bolle aggiungi il sale e metti a cuocere i ravioli.
Cuoci 4 minuti da quando vengono ‘a galla’.
Scolali e servili immediatamente con il condimento che preferisci (burro fuso e salvia per esempio).

I ravioli possono essere preparati in anticipo e congelati.
In questo caso si cuociono mettendoli in acqua bollente ancora congelati e richiedono qualche minuto di cottura in più rispetto a quelli freschi.



EASY: cena per due persone: un piatto abbondante di ravioli conditi con burro e salvia oppure con radicchio rosso stufato in padella, un’insalata mista e frutta cotta profumata con cannella e anice stellato.




CHIC: cena della notte di Natale: servine solo tre a testa (insieme ad un altro primo piatto) con burro fuso e lamelle di tartufo nero.


giovedì 4 dicembre 2014

Ghirlanda di biscotti allo zenzero

Ecco ci siamo, è arrivato dicembre e le feste ora sono davvero vicine. Non c’è nessuno che resti indifferente: c’è chi non sopporta il periodo di Natale e vorrebbe già essere a metà gennaio e chi lo adora e vorrebbe che ora il tempo rallentasse tanto tanto per avere il tempo di preparare tutto con cura e assaporare il più possibile l’atmosfera di festa. Io sono tra questi, tra quelli che amano il Natale e tutti i piccoli riti familiari che lo accompagnano. Addobbare la casa l’otto dicembre (basta qualche pallina di vetro sparsa qua e là per ‘fare Natale’), organizzare una cena o un lungo aperitivo con gli amici per scambiarsi gli auguri – regali solo per i bambini, tra ‘grandi’ li abbiamo aboliti da quando erano diventati uno stress invece che un piacere, molto meglio condividere una serata di chiacchiere intorno ad una tavola con cose buone da mangiare e qualche candela accesa. E poi c’è la cena del 24 a casa dei miei genitori che è il vero Natale perché ci ritroviamo finalmente tutti insieme. La casa è quella di sempre ma sembra più luccicante e ancora più accogliente del solito, c’è nell’aria qualcosa di magico, saranno le candele accese, i decori sulla tavola o semplicemente il fatto che è Natale. Ma è ancora presto per parlare di questo. Le feste di Natale a casa mia cominciano ufficialmente l’otto, quando appare l’albero di Natale. Però da quando abito qui ‘al Nord’ faccio un piccolo strappo alla regola dell’otto dicembre, c’è una decorazione, una sola, che si affaccia esattamente il primo dicembre: il calendario dell’avvento. Quando ero piccola non sapevo cosa fosse e non ne avevo mai visti, forse perché da noi in Toscana non usavano. Ho cominciato a notarli quando sono arrivata qua e ammetto che all’inizio non capivo cosa fosse un ‘calendario dell’avvento’, non avevo idea di come si utilizzasse. L’idea di averne uno però mi è piaciuta subito e così qualche anno fa ne ho preparato uno molto artigianale, un pannello di tela grezza con applicazioni in feltro e qualche stellina luminosa con 24 taschine numerate. L’intenzione era di farne poi un altro più bello, prendendo ispirazione dalle vetrine e da tutto quello che si vede in giro: 24 scatoline di legno da disseminare sul davanzale della camera, un mini albero di natale di legno con appese 24 bustine di stoffa natalizia con fantasie diverse… ce n’é per tutti i gusti. Ma poi il mio, vecchiotto, artigianale e appeso in cucina anno dopo anno è diventato un simbolo del nostro natale e me lo tengo così com’è. Il trucco è riempire le 24 caselle con altrettante mini soprese: un cioccolatino, un marron glacé o un biscotto, ma anche un bigliettino con un ‘invito’ per prendere insieme una cioccolata calda con panna in una piccola caffetteria del centro che mi piace tanto, da usare rigorosamente entro il 24.
Questa ghirlanda di biscotti nella tasca del calendario proprio non ci stava, al suo posto c’era un bigliettino con un indizio per trovare ‘il tesoro’, ma era facile… appesa in modo assai instabile nella dispensa in cucina. Il tempo di fare due foto e si è irrimediabilmente frantumata.

P.S. Le ghirlande erano due, non voglio fare ‘cerca le differenze’ ma la ghirlanda della prima foto ha solo otto omini e si è rotta ancora prima di essere appesa, l’altra ne ha nove ed ha resistito solo poco di più. 



GHIRLANDA DI BISCOTTI ALLO ZENZERO



(Con questa dose con il mio stampino che è alto 4 cm ho ottenuto 20 biscottoni)


200 gr di farina 00
40 gr di burro non  salato freddo
40 gr di burro salato freddo
80 gr di zucchero a velo
2 tuorli d’uovo
1 bel pizzico di zenzero in polvere

In una ciotola mescola lo zucchero con tutto il burro (salato e non) a pezzetti (si ottengono delle briciolone).
Aggiungi i tuorli e amalgama rapidamente.
Aggiungi la farina setacciata con lo zenzero e impasta rapidamente fino a quando tutti gli ingredienti sono ben amalgamati, ma senza scaldare troppo la pasta con le mani.
Togli l’impasto dalla ciotola, forma una palla, avvolgila nella pellicola e lascia riposare in frigorifero per almeno due ore.
Trascorso questo tempo, stendi la pasta dello spessore che preferisci (a me i biscotti di Natale piacciono piuttosto spessi e consistenti), tagliala utilizzando la formina fatta ad ‘omino di Ginger’.
Sistema i biscotti su una teglia che possa andare in forno coperta di carta da forno.
Lascia riposare una decina di minuti in frigorifero i biscottoni sagomati in modo che il burro si raffreddi di nuovo prima di formare la ghirlanda.
Estrai la teglia dal frigo e forma una o due ghirlande, a seconda di quanto vorrai farla grande. Il consiglio è quello di provare prima con delle sagome di cartone la ‘forma preferita’.
Rimetti la teglia in frigorifero una decina di minuti e intanto accendi il forno a 170 gradi.
Quando il forno ha raggiunto la temperatura inforna la ghirlanda e cuoci per 15 / 18 minuti al massimo, dipende molto dal forno.
Prima di inserire il nastro nella ghirlanda lascia raffreddare, si spezza con grande facilità purtroppo!




EASY: lavoretto ideale con i bambini per un pomeriggio di pioggia .. in questo periodo ce ne sono in abbondanza. I più piccoli possono ritagliare la pasta e i più grandi formare le ghirlande. I ritagli di pasta possono essere lavorati con altre formine o affidati alla fantasia dei piccoli cuochi.



CHIC: utilizza delle formine più piccole di quelle che ho impiegato io, in modo da ottenere delle ghirlande (diciamo 5 biscotti ciascuna) molo più piccole. Intrecciale con un nastrino argentato e usale come segnaposto per il tè di Natale.


giovedì 27 novembre 2014

Pane di farro con semi di girasole

Io leggo moltissimo, ma non mi posso considerare una buona lettrice. Leggo pochissimi romanzi e quei pochi che leggo in genere non sono premi Nobel o cose difficili e impegnate perché non mi piace leggere di vite tragiche, esistenze al margine e atmosfere squallide. Non so perché, ma spesso quella che viene premiata come ‘letteratura vera’ è un racconto tormentoso e angosciante. Preferisco allora i classici dei secoli passati (che a mio parere descrivevano i problemi dell’esistenza umana con più grazia, se così posso dire) o i romanzi lievi e inutili a lieto fine. La vita a volte è già tanto complicata di suo che non ho voglia di immergermi in un libro che mi parla solo di altri problemi e tragedie varie. Lo so, è un atteggiamento immaturo irrazionale e si possono aggiungere altri aggettivi a volontà, ma io la vedo così.
Ed è così che scrivo questo blog che è nato per divertimento, perché mi piace cucinare, fare foto e scrivere di cose leggere. Così parlo di pranzi con le amiche, di pomeriggi dedicati a tè e chiacchiere, di fine settimana alla ricerca di posti carini dove assaggiare qualcosa di nuovo e di buono, di ricordi di quando ero piccola.
Ma la vita non è tutta qui (magari!), anzi come dice un amico di famiglia, questo è il lato ‘ludico’ della vita. E poi c’è quello che non è affatto ludico, delusioni, dispiaceri, progetti di vita che non vanno avanti e sogni che vogliono diventare realtà e fanno un passo avanti e due indietro. E ancora peggio: vedere persone alle quali voglio bene soffrire delusioni e dispiaceri è del tutto inaccettabile. E l’unica cosa che riesco a fare in giornate grige e malinconiche è impastare perché trovo che coccolare un impasto di acqua e farina tra le mani abbia un magico potere rilassante. Lascio cadere questa considerazione nell’etere (si dice così no?) e metto di seguito la ricetta di questo pane che faccio per la colazione. A me piace perché ha la crosta croccante e la mollica soffice arricchita dal gusto delicato dei semi di girasole sparsi qua e là in ogni fettina. E non perdetevi il profumo appena sfornato, dovuto – penso – soprattutto al gusto gentile della farina di farro.
E’ buono leggermente tostato e spalmato di marmellata accanto ad una tazza di caffè nero e forte; è adatto anche ad accompagnare salumi e formaggi cremosi per una cena improvvisata con gli amici il sabato sera. In questo caso è indispensabile una bottiglia di ottimo vino rosso.



PANE DI FARRO CON SEMI DI GIRASOLE




Ingredienti per una pagnotta:

250 gr di farina di farro
150 gr di farina di kamut
100 gr di farina 00
30 gr di semi di girasole decorticati
5 gr di malto diastatico
7 gr di lievito di birra fresco
300 gr di acqua (potrebbe non servire tutta)
10 gr di sale fino

Per la finitura:
una manciata di semola rimacinata di grano duro
una manciata di farina 00

Sciogli il lievito in 150 gr di acqua tolta dal totale dell’acqua necessaria e lascia riposare dieci minuti.
In una ciotola capiente (in quella della planetaria, se la usi) mescola le tre farine e il malto.
Unisci il composto di acqua e lievito alle farine e inizia a impastare prima con una forchetta, poi a mano aggiungendo gradualmente tutta l’acqua necessaria ad ottenere un impasto morbido ma lavorabile (potrebbero non servirti tutti i 300 gr di acqua, dipende da quanta ne assorbe la farina e le farine sono tutte un po’ diverse).
Impasta a mano per una quindicina di minuti aggiungendo dopo 10 minuti il sale, se usi una planetaria è necessaria la metà del tempo (aggiungi il sale appena l’impasto inizia ad incordare). Devi ottenere una pasta liscia e morbida. Da ultimo aggiungi i semi di girasole decorticati, impasta ancora rapidamente e forma una palla.
Metti a lievitare la pasta in una ciotola appena unta di olio e copri con pellicola alimentare.
Lasica lievitare fino al raddoppio, con questa dose di lievito ho impiegato due ore di tempo.
Quando è la pasta lievitata, rovesciala su un piano cosparso di semola rimacinata, dai alla pagnotta la forma che preferisci e mettila su una teglia che possa andare in forno foderata di carta da forno. 
Cospargi la superficie della pagnotta con un velo di farina 00 e lascia lievitare ancora, coperto da un canovaccio pulito, per 45 minuti.
Trascorsi 30 minuti dalla seconda lievitazione, accendi il forno a 200 gradi.
Inforna il pane in forno già caldo e cuoci per 35/40 minuti (se la pagnotta inizia a scurirsi troppo dopo 15 minuti copri la superficie con un foglio di carta di alluminio).
Estrai dal forno, togli la pagnotta dalla teglia e lasciala raffreddare su una gratella da pasticceria.


EASY: Per colazione, appena tostato e spalmato con pochissimo burro – se piace – e marmellata oppure in versione molto golosa domenicale con la crema di cioccolato.



CHIC: taglialo a fette e poi ogni fetta in quadrotti. Falli saltare in una padella antiaderente con un filo di olio, poco sale macinato al momento e un pizzico di origano. Utilizzali come accompagnamento per una crema di verdure servita come primo piatto.

giovedì 20 novembre 2014

Minestra invernale con spaghetti integrali ispirazione ramen

Quando vado a Milano per lavoro ho un appuntamento fisso, la pausa pranzo con le mie amiche. Abbiamo a disposizione al massimo 45 minuti e abbiamo imparato ad utilizzarli molto bene, in modo che sia possibile mangiare qualcosa di gustoso e fare tantissime chiacchiere in libertà. Non andiamo mai oltre il tempo limite, ma riusciamo a sederci con calma, gustare un pranzo leggero e sembrare ‘vere signore’ che non abbiano niente altro da fare se non...passare il tempo piacevolmente. Come se dopo il pranzo ci attendesse un pomeriggio lieve da trascorrere a curiosare nelle librerie o tra le ciotoline di Zara Home. Invece ognuna di noi deve ritornare nel delirio semi assurdo del proprio lavoro.
La scelta del posto dove pranzare varia a seconda della stagione e .. dell’umore. Ci sono giornate in cui il caos da sovraffollamento di certi posti – carinissimi si, ma assaltati - proprio non si sopporta. La regola da rispettare sempre è una sola: niente panino al volo.
In estate il nostro pranzo preferito (ne parlerò un’altra volta perché lo merita) è in genere una porzione gigante di yogurt molto cremoso accompagnato da frutta fresca, nocciole, mandorle e muesli, oppure una fetta di torta con un caffè lungo tipo americano nel giardino minuscolo e silenzioso di una caffetteria.
In questa stagione preferiamo stare al chiuso e poter scegliere sul menu qualcosa di caldo. La settimana scorsa ci siamo ritrovate in tre, io, la Principessa (ne ho parlato qui) e un’altra nostra amica che da anni dice che prima o poi lascia tutto e va nel Luberon a coltivare erbe aromatiche e confezionare marmellate biologiche. Ha intenzione – dice – di trascorrere il resto della vita in jeans, stivali Hunter di gomma e maglioni a collo alto in inverno, sandali e polo in estate. Nessuno ci crede. Nel frattempo vive nel cuore di Milano, ha una cucina ipertecnologica dove io non saprei nemmeno accendere la luce ed è sempre informata sull’ultima moda o fissazione del momento. L’ultima volta ci ha portato a mangiare il ramen ovvero noodles serviti in un brodo di carne o verdura delicatamente aromatizzato accompagnati da altri, vari, ingredienti. L’ultima moda di cucina giapponese dopo il sushi – ma questo lo sapevo anche io perché l’ho letto su Elle a tavola.
E’ stato un attimo lasciarsi conquistare dall’atmosfera ovattata del locale, dalle ciotoline laccate nelle quali ci hanno servito il ramen che era caldo, delicatamente profumato e con un sapore .. sottile quanto il suo profumo. Fuori diluviava e per quasi un’ora siamo rimaste sedute in questo angolo di silenzio con davanti una zuppa fumante e tazzine di tè verde aromatizzato ai fiori di ciliegio. Da non voler uscire più. In poche parole il ramen mi ha affascinato.
Ho avuto una mezza idea di provare a rifarlo a casa – io avevo scelto una versione vegetariana senza troppe complicazioni- ma nel negozio dove sono andata tutti gli ingredienti ‘esotici’ di cui avevo bisogno erano ‘made in China’. Così ci ho rinunciato e ho optato per una versione molto casalinga e mediterranea di zuppa con spaghetti integrali. Lo so, sembra stranissimo utilizzare come pasta nella zuppa una manciata di spaghetti integrali – da non spezzare e lasciare rigorosamente interi, ma provare per credere: il risultato anche se difficilissimo da mangiare in modo civile, è delizioso. Del resto la mia mamma mi racconta sempre che mio nonno adorava mettere gli spaghetti nella minestra, quindi non so stabilire se questa ricetta derivi dal fascino del ramen o dai geni che si tramandano si tramandano si tramandano.

P.S. In genere non amo i surgelati, ma per i piselli faccio un’eccezione. Ne sgrano a chili in estate e li conservo per l’inverno. Se non vi piace l’idea di usare i surgelati, i piselli si possono sostituire con fagiolini tagliati a tocchetti come le altre verdure.
Per fare le minestre di verdura io di solito parto rosolando porro o cipolla e aggiungendo poi uno alla volta gli altri ingredienti ognuno con un pizzico di sale. Aggiungo il brodo – il mio è solo lievemente salato -  solo alla fine, ma ognuno può seguire la tecnica che preferisce.


MINESTRA INVERNALE CON SPAGHETTI INTEGRALI




Ingredienti per quattro persone (anche se le dosi della verdura sono indicative, dosatele come preferite):

1 porro
2 grosse rape
2 patate rosse
10 zucchine lunghe (piccole)
una manciata di pisellini surgelati o congelati home made
100 gr di spaghetti integrali
700 ml di brodo vegetale
Olio extra vergine di oliva
Sale

Affetta il porro molto sottile.
Taglia tutte le altre verdure a tocchetti di dimensioni simili (anche le zucchine devono essere tagliate in cubetti, non a fettine).
Lascia le verdure così affettate separate le une dalle altre perché andranno aggiunte un tipo alla volta.
Metti il porro a insaporire in una capace pentola con 4 cucchiai di olio extravergine di oliva 2 cucchiai di acqua e un pizzico di sale.
Lascialo stufare a fiamma bassissima.
Quando è diventato morbido, aggiungi le rape tagliate, un altro pizzico di sale e lascia insaporire qualche minuto sempre a fiamma bassa, girando con un mestolo di legno (le verdure non devono attaccare, se necessario aggiungi un cucchiaio di acqua calda).
Prosegui aggiungendo nell’ordine le patate, le zucchine e da ultimo i piselli. Ogni volta che inserisci una verdura nuova aggiungi un pizzico di sale e fai insaporire qualche minuto prima di inserire la successiva.
Quando tutte le verdure sono nella pentola aggiungi il brodo vegetale a coprire tutte le verdure (potrebbe non servirti tutto, dipende dai gusti, a me questa zuppa piace quando il brodo è abbondante).
Lascia cuocere a fiamma bassa per 40 minuti.

Nel frattempo metti a bollire una pentola con l’acqua nella quale cuocerai gli spaghetti.
Quando mancano 15 minuti alla fine di cottura della zuppa, cuoci gli spaghetti nell’acqua bollente leggermente salata.
Scolali piuttosto al dente e mettili all’interno della zuppa con la quale finiranno di cuocere gli ultimi tre/quattro minuti.
Aggiusta di sale se necessario e servi la zuppa ben calda.




EASY: lascia perdere l’ispirazione ramen e servi questa zuppa a cena come primo piatto in una vera fondina con parmigiano, se piace. Se vuoi, puoi sostituire gli spaghetti con farro perlato.





CHIC: ispirazione finto-giapponese per una cena a due: servi la zuppa in una ciotolina laccata o semplice gres smaltato, accompagnala con bocconcini di riso e verdure e tè verde.


giovedì 13 novembre 2014

Piccoli Castagnacci

Mia nonna il castagnaccio lo faceva tutti gli anni. Iniziava verso la fine di ottobre e andava avanti fino a fine novembre interrompendo ‘la produzione’ solo per i giorni dei Santi per fare un altro dolce della tradizione, il Pan co’ Santi. Arrivavamo dai nonni il sabato pomeriggio e il castagnaccio era lì, sul carrello in sala da pranzo accanto alla scatola di latta tutta decorata che era sempre piena di biscotti e ‘spumini’, meringhe che lei faceva in continuazione battendo gli albumi con lo zucchero rigorosamente a mano - con un’invidiabile energia da ventenne – e che cuoceva per ore in quella che chiamava ‘cucina economica’.
Per essere la cucina di una casa di città quella di mia nonna era davvero grandissima (vorrei averla io qui una cucina così, mi basterebbe anche la metà dello spazio!). C’era posto per un camino vero e funzionante anche se purtroppo veniva acceso solo in poche occasioni – noi bambini andavamo matti per il fuoco scoppiettante e in autunno chiedevamo di cuocere le caldarroste sul camino, ma ci accontentavano raramente, un piano cottura decisamente moderno con il forno elettrico e i normali fornelli a gas e in un angolo c’era appunto la ‘cucina economica’. Una stufa smaltata di bianco che si alimentava a legna e nella quale c’era un piccolo vano chiuso da uno sportello che era una sorta di forno ‘vintage’ – non saprei come descriverla meglio. Spumini, castagnaccio e altri dolci tradizionali si cuocevano lì perché mia nonna usava regolarmente il forno elettrico, ma lo riteneva del tutto inadeguato ad alcuni dolci che venivano bene solo se cotti lentamente al caldo nella stufa bianca. In certe giornate questa cucina immensa non era il massimo dell’ordine ed io abituata all’ordine impeccabile della cucina di mia mamma che era perfetta anche con due bambine arrampicate sulle sedie che pasticciavano con acqua e farina, la trovavo piuttosto strana. Ma poi una specie di bacchetta magica risistemava tutto e si tornava alla normalità.
Il castagnaccio di mia nonna era quello che si fa a Siena (e che in questo periodo si vende ‘al taglio’ in molte panetterie): farina di castagne impastata con acqua olio poco zucchero e un pizzico di sale, cotto in una larga teglia e alto due dita al massimo, non di più. La superficie viene cosparsa di una dose generosa di olio di oliva, pinoli e rosmarino. Io il castagnaccio non lo potevo soffrire e non lo mangiavo mai. Per me l’idea di un dolce che sembrava una deliziosa torta al cioccolato e aveva invece zero cioccolato, un retrogusto amarognolo nemmeno troppo nascosto ed era cosparso di rosmarino e unto di olio era assolutamente inaccettabile. L’ho riscoperto solo qualche anno fa, quando ho trovato questa versione molto più ‘gentile’ di Csaba della Zorza dove la farina viene impastata con il latte e si utilizzano degli stampini da muffin per renderlo più ‘dolcetto da tè’. La ricetta è la sua con minime correzioni mie: ho aggiunto un po’ di zucchero, non metto il rosmarino né l’uvetta (che è nella versione della Signora della Zorza ma non in quella che faceva mia nonna e poi io .. non sopporto l’uvetta!), non ungo la superficie con altro olio e metto le noci perché mi piacciono più dei pinoli. E’ un dolce dal gusto un po’ rustico e che preparato nello stampino da muffin resta piuttosto compatto e certo non soffice. Mio marito dice che sono più profumati che buoni, in effetti mentre cuociono il profumo di castagne è delizioso. Insomma deve piacere, se siete comunque curiosi e lo fate per la prima volta è meglio accompagnarlo con qualcosa di morbido: preparate una salsiera piena di crema inglese o una dose generosa di panna lievemente montata, appena appena zuccherata. 


PICCOLI CASTAGNACCI



Ingredienti (con questa dose ho ottenuto 10 castagnacci fatti nei classici stampini da muffin)

300 gr di farina di castagne
1 bicchiere di latte intero (circa 200 ml)
1 pizzico di sale
3 cucchiai di olio extra vergine di oliva (45 gr)
4 cucchiai di zucchero semolato (60 gr)
Qualche noce
Acqua minerale naturale (se necessaria)


Accendi il forno a 180 gradi.
Setaccia la farina in una ciotola, aggiungi il bicchiere di latte e comincia ad amalgamare con un cucchiaio di legno in modo da eliminare tutti i grumi e ottenere una pastella liscia.
Inserisci nell’impasto il sale, tutto lo zucchero e l’olio extra vergine di oliva.
Continua ad amalgamare aggiungendo se necessario una minima quantità di acqua minerale: devi ottenere una pastella liscia e morbida, fluida ma non liquida.
Versa il composto negli stampini da muffin senza riempirli fino in cima (non occorre imburrare né infarinare gli stampini, l’impasto non è di quelli che si attaccano).
Cospargi ogni dolcetto con qualche gheriglio di noce e fai cuocere in forno già caldo per 25 minuti circa (dipende un po’ dal forno).
Sono pronti quando la superficie comincia a creparsi e in cucina si spande un profumo di castagne molto piacevole.




EASY: colazione ricca della domenica: con il caffè accompagnati da un bel ciuffo di panna appena montata e violette candite.



CHIC: dividi ogni mini castagnaccio in 4 piccoli spicchi. Sistemali su un vassoio con meringhe e cioccolatini e servili con il caffè per una dopocena ‘ispirazione autunno’.
 



giovedì 6 novembre 2014

Vellutata di patate con cavolo rosso

Da qualche tempo il viola è uno dei miei colori preferiti, insieme al blu-azzurro che mi accompagna da sempre. Da quando – mi dicono – appena nata mi infagottarono in un golfino di lana celeste chiaro, troppo grande per me. La passione per il viola è molto più recente, qualche anno fa, forse. Adesso ho un portafoglio viola, un minuscolo ciondolo d’argento con dei piccoli cuori di smalto viola che non mi abbandona mai, sto meditando di acquistare una borsa viola – niente di eccentrico di tela leggera per la palestra – adoro una tovaglia di lino color prugna chiusa nel mio cassetto delle tovaglie dal quale esce solo in occasioni davvero speciali. Potrei andare ancora avanti con le mie ‘dotazioni viola’ che punteggiano qua e là stanze e armadi e arrivano fino a un paio di ombretti e uno smalto per unghie talmente viola che è impossibile da mettere, mi limito a guardarlo come un oggetto di design dal colore perfetto inserito lì, quasi per caso, sulla mia mensola dei trucchi.
Ammetto che quando qualche anno fa ho acquistato per la prima volta questo tipo di cavolo (non lo avevo mai assaggiato prima) l’ho fatto attratta dal suo colore viola. Lavatelo sotto l’acqua corrente all’interno di una porcellana perfettamente bianca e vedrete l’acqua tingersi di un raffinato azzurro pallido. Crudo non mi piace molto, anche se ogni tanto lo utilizzo affettato finissimo per ravvivare l’aspetto di un’insalata solo verde. Lo preferisco stufato in padella con zucchero di canna e aceto balsamico – tanto.
Qualche sera fa ero proprio stanca, sono arrivata a casa tardi, infreddolita e completamente bagnata – causa improvviso diluvio – con un unico desiderio: qualcosa di caldissimo. Le patate ci sono sempre in ogni casa, avevo nel frigo un porro e uno spicchio di questo bellissimo cavolo… la ricetta è venuta da sé, profumata, confortante e vellutata, con un tocco di quasi croccante – il cavolo – che non guasta. Naturalmente se questo cavolo non piace, si può sostituire con radicchio rosso, che dà lo stesso effetto di soup 'bicolor’  - perché soup in questo caso, non so perché, mi sembra più bello di zuppa.
Attenzione al dosaggio del brodo: il confine tra una zuppa cremosa e un purè troppo morbido è molto sottile.
Il brodo vegetale lo faccio con sedano, carota, cipolla, un pezzetto di porro e un piccolo pomodoro. In emergenza utilizzo un granulare bio senza glutammato né grassi idrogenati.


VELLUTATA DI PATATE CON CAVOLO ROSSO






Ingredienti per 4 persone (sulla dose del cavolo abbondare oppure no dipende molto dai gusti)

Per la crema:
600 gr di patate
2 porri
½ l di brodo vegetale
2 bicchieri di latte fresco intero (circa 230 gr)
Olio extravergine di oliva
Sale fino

Per guarnire:
Uno spicchio di cavolo rosso
Olio extravergine di oliva
Sale
1 cucchiaio da minestra di zucchero di canna
4 cucchiai da minestra di aceto balsamico
Pepe nero (se piace)


Lava il porro, elimina le foglie esterne e la parte verde e affettalo molto sottile.
Sbuccia e lava le patate e tagliale a cubotti.
In una pentola metti il porro affettato, due cucchiai di olio extravergine di oliva e un pizzico di sale. Lascia stufare a fiamma bassissima, fino a quando il porro risulta morbido (aggiungi se necessario qualche cucchiaio di acqua calda).
Aggiungi al porro le patate, lasciale insaporire per qualche minuto, girando spesso con un mestolo di legno in modo che non si attacchino.
Aggiungi il latte mescola rapidamente e unisci subito dopo il brodo.
Lascia cuocere a fiamma bassa per 35 / 40 minuti.
Nel frattempo prepara il cavolo che servirà per decorare la crema.
Elimina le foglie esterne più dure, lavalo e affettalo piuttosto sottile.
Fai scaldare in una larga padella (l’ideale sarebbe un wok) tre cucchiaio di olio extravergine di oliva.
Aggiungi il cavolo e fai cuocere a fiamma alta per qualche minuto.
Aggiungi il sale, lo zucchero di canna e l’aceto balsamico e lascia cuocere a fiamma bassa una decina di minuti (il grado di cottura del cavolo dipende molto dal gusto personale).
Trascorso il tempo di cottura della zuppa assaggia e aggiusta di sale se necessario, poi metti le patate in un frullatore e frulla aggiungendo poco alla volta il brodo, in modo da ottenere la consistenza desiderata.
Distribuisci la crema nei piatti, guarnisci con un po’ di cavolo stufato e servi caldissima (se piace con una lieve macinata di pepe nero, io non l’ho messo).



EASY: servila per una cena a buffet accompagnata da vassoi con fettine di pane di segale tostati e spalmati con una crema di formaggi (ad esempio robiola + caprino + erba cipollina), polpettine di ricotta rotolate in briciole di mandorle,  crostini di pane integrale tostati in padella con abbondante pepe nero, semi di zucca e di girasole tostati, naturalmente il cavolo rosso stufato servito a parte, in modo che ogni invitato possa condirla come preferisce.



CHIC: servita in mini ciotoline e cosparsa di cavolo rosso può diventare un antipasto caldo da servire all’inizio di una cena molto autunnale.